L' ATTIVISMO SOCIALE è un Movimento popolare , civile , libero , indipendente , laico , di natura sociale , volto a migliorare le condizioni della vita sociale dei cittadini. E' un " portale facebook " di gruppo , aperto a tutti quei cittadini che vogliono rendersi utili rilevando inefficienze , inadeguatezze , carenze ,negli apparati e servizi pubblici,nelle strutture pubbliche , nonchè proporre eventuali utili suggerimenti o iniziative in un confronto di idee e opinioni..

giovedì 29 ottobre 2015

VERGOGNA !!



UNA  SOCIETA’ E  UNA  POLITICA  SANE  E  GIUSTE  PRODUCONO  RICCHEZZA  E  BENESSERE  PER  TUTTI  I  CITTADINI
www.lamiavoce37.blogspot.com



 Illegalità , corruzione , criminalità organizzata ,  politici  e  funzionari  disonesti, sprechi di pubblico denaro e di risorse pubbliche .
    VERGOGNA   !!  ORA  BASTA , VOGLIAMO  ONESTA’ , ONESTA’ , ONESTA’   E   LEGALITA’ , GIUSTIZIA  !

MILIARDI   RUBATI  AI  CITTADINI  ITALIANI ,  AI  POVERI  ,  AI  DISOCCUPATI  ,  AI  VERI  INVALIDI  , A  TUTTE  LE  PERSONE  ONESTE  , RISPETTOSE  DELLE LEGGI DELLO STATO ,  AL  FUTURO  DEI  GIOVANI 



ONESTA’ , LEGALITA’ , GIUSTIZIA
 In  Italia , il  buon  esempio  dovrebbe  venire  dall’alto ,  ma  così  non  è  ;  anzi  viene  dimostrato  il  contrario ; il rispetto dei  valori di onestà , legalità e di giustizia , dovrebbe essere  provato nei fatti , ma così non è ,  da  coloro  che  ricoprono cariche politico-istituzionali , che  sono responsabili  della  gestione  politica, economica e sociale del Paese  e  dai  quali  discendono  le  decisioni  legislative più  idonee ed efficaci per contrastare e combattere il fenomeno  della criminalità , specialmente quella organizzata , la corruzione  e  la  evasione  in campo fiscale . 
Mali , questi , ormai talmente  diffusi , anche  in  posizioni  apicali  e  nel  territorio , nei  più  diversi  comportamenti  relazionali  sia  in campo  politico che in  campo socio-economico , che  hanno  colpito  e  continuano  a  ferire in  misura  assai  grave  e  allarmante ,  spesso e  progressivamente  in  modo letale, le  residue  attività  di   una  economia  sana  e  produttiva  di  questo  nostro Paese , peraltro  già  in  difficoltà  a   causa  di  fattori  critici di natura globale. 
Della  gravità di  tutto  ciò  dovrebbero  prendere  coscienza  tutti  i  cittadini  italiani , pretendendo ,  in  maniera  forte e plateale , di  poter  usare  urgentemente , in  modo  pieno e  libero , i  propri  diritti  costituzionali  in  ordine  alle  legittime  scelte  politiche , necessarie  e  indispensabili  onde  evitare  in tempo   conseguenze  drammatiche  e  irrimediabili  , sul  futuro  e  per  la stabilità  del  sistema  democratico,  sul mantenimento dei  diritti  fondamentali  di  libertà e di sicurezza  e di giustizia sociale.

Funzionari pubblici, Guardia di Finanza: “In sei mesi bruciati tre miliardi tra sprechi, ruberie e corruzione”
Il report pubblicato sul Corriere e su Il Giornale fotografa le voragini provocate dai dipendenti "infedeli" e dai mancati controlli. Soltanto nella sanità 800 milioni di buco
di Rino Cole | 21 settembre 2015
Sono politici, medici, impiegati e funzionari. Sono 4.835 dipendenti pubblici che in soli sei mesi hanno alleggerito (sperperando o rubando) le casse dello Stato di tre miliardi di euro. E adesso sono stati chiamati dalla Corte dei conti per restituire i soldi della collettività. E’ quanto emerge dal rapporto della Guardia di Finanza sui danni erariali contestati tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2015, pubblicato dal Corriere della Sera e da Il Giornale dove balza agli occhi un dato: le casse pubbliche hanno perso oltre un miliardo solo con la mala gestione del patrimonio immobiliare. Il quotidiano di via Solferino scrive che sono 1.290 le segnalazioni inviate dalla magistratura ordinaria o dalle Fiamme gialle ai giudici contabili. Un aumento di contestazioni – che vale un miliardo e 357 milioni di euro – pari al 13 per cento in più rispetto ai primi sei mesi del 2014, che dimostra sia una crescita dei comportamenti scorretti dei dipendenti “infedeli” (nella maggior parte dei casi accusati di corruzione, concussione, truffa, turbativa d’asta), sia dei controlli degli 007 della Finanza.
Guadagni che si trasformano in perdite
Un intero capitolo del dossier riguarda i mancati guadagni sugli immobili da cui lo Stato non solo non ricava un euro, ma addirittura ci rimette soldi. Come sulle case popolari, che spesso e volentieri si trasformano in merce per scambi elettorali. Emblematico il caso di Roma, dove vengono affittate a 7 euro al mese, ricorda il Corriere. In provincia di Bolzano, invece, un Comune ha perso 350mila euro per la mancata riscossione dell’affitto per l’occupazione di suolo pubblico.
Sanità, una voragine da 800 milioni
Anche la sanità pubblica si conferma una voragine. Qui, tra macchinari comprati e mai utilizzati, appalti truccati e medici che scappano dal lavoro per andare a operare in strutture private, il danno accertato è di 800 milioni, mentre 2.325 persone sono state arrestate o denunciate dalla Finanza e 264 pratiche sono state aperte. Le indagini svolte in 18 regioni hanno smascherato 83 dirigenti della sanità infedeli che hanno danneggiato le casse pubbliche con un buco da 6 milioni. All’ospedale di Gallarate, Varese –
come raccontato da ilfattoquotidiano nei mesi scorsi – l’appalto per i lavori della manutenzione sarebbero stati aumentati causando “ltre 2,5 milioni di danno erariale”. La spesa è balzata da 15 milioni e mezzo di euro a 36 milioni. Soldi che secondo l’accusa sono serviti ai manager dell’azienda sanitaria per aggiudicarsi una generosa “cresta”. A Cosenza – scrive Il Giornale – a Cosenza 700mila euro sono svaniti tra nomine e consulenze esterne. L’Asl di Napoli ha letteralmente regalato 32 milioni di euro perché per anni i fornitori sono stati pagati due volte per gli stessi servizi.
Mancati controlli: va in pensione, viene riassunto e intasca 700 mila euro
Nel report grande risalto ai mancati controlli. A Catanzaro il dipendente di un ente ha intascato stipendio e pensione per sette anni, insieme. Pochi giorni dopo il congedo “ha presentato domanda di riammissione in servizio presso la sua azienda confidando che le esigenze di organico gli avrebbero consentito di tornare immediatamente al proprio posto, cosa che è effettivamente accaduta”. Nessuno tra i dirigenti ha però ha segnalato la nuova assunzione all’Inps e l’impiegato ha potuto così incassare illecitamente 700 mila euro. In Sicilia, invece, sono stati bruciati 47 milioni di euro tra il 2006 e il 2011 per corsi di formazione finanziati con soldi pubblici che però non si sono mai tenuti.
A Bari manager Ferrovie comprano, vendono e ricomprano carrozze
Da Bari arriva il gioco di prestigio dei manager delle Ferrovie Sudest. Prima hanno speso 912mila euro per comprare 25 carrozze passeggeri. Poi le hanno rivendute a una società polacca “incaricata di eseguire interventi di ristrutturazione per 7 milioni di euro”. Salvo poi riacquistarle a 22milioni e mezzo di euro. La Corte dei conti calcola che il danno provocato alla società ferroviaria è di oltre 11 milioni di euro pubblici.

Latina: aste truccate, arrestati giudice e moglie, indagata la suocera


Ed ecco
l'articolo del Corriere della Sera che riportava la vicenda del giudice Lollo nel dicembre scorso:

"Un sistema di corruzione consolidato all'interno del tribunale fallimentare di Latina: è quanto scoperto dalle procure della Repubblica di Perugia e Latina, dopo mesi di indagini, anche di carattere patrimoniale, che hanno portato all'arresto - tra carcere e domiciliari - di otto persone: tra loro un giudice del tribunale e a moglie. Le ordinanze sono state eseguite dalla squadra mobile pontina guidata da Tommaso Niglio.

Carcere per il giudice della fallimentare Antonio Lollo, per il consulente del tribunale Vittorio Genco, per i commercialisti Marco Viola e Massimo G. (quest'ultimo non ancora raggiunto formalmente dalla polizia). Ai domiciliari la cancelliera Rita Sacchetti, l'imprenditore calabrese Luca Granato, un maresciallo della guardia di Finanza e la moglie di Lollo, Antonia Lusena. Indagata per riciclaggio, e in odore di arresto, anche la suocera del giudice.


Spiega la questura di Latina:«I reati contestati vanno dalla corruzione, alla corruzione in atti giudiziari, alla concussione, all'induzione indebita a dare o promettere denaro od altra utilità, alla turbativa d'asta, al falso ed alla rivelazione di segreto nonché all'accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico aggravato dalla circostanza di rivestire la qualità di pubblico ufficiale. Le indagini - spiega la nota - coordinate dalle autorità giudiziarie del capoluogo pontino ed umbro, erano state avviate in seguito ad una denuncia presentata presso la procura della Repubblica di Latina, in cui si prospettavano fatti di bancarotta nell'ambito di un concordato preventivo. Ben presto lo sviluppo dell'attività investigativa, delegata alla squadra Mobile di Latina, ha portato alla luce un consolidato sistema corruttivo, grazie al quale i consulenti nominati dal giudice nelle singole procedure concorsuali, abitualmente corrispondevano a quest'ultimo una percentuale dei compensi a loro liquidati dal giudice stesso».
"



                           MAXI  TRUFFE  ALL’ I N P S    


Nelle notizie
La Stampa‎ - 2 giorni fa


www.strettoweb.com/2015/09/reggio-truffa-allinps...in.../325996/
25 set 2015 - Una meticolosa attività info-investigativa dei Finanzieri reggini a tutela della spesa pubblica ha portato alla luce una truffa ai danni dell'INPS.
www.strill.it/.../castrovillari-cs-operazione-easy-allowancetruffa-allinps-p...
3 giorni fa - L'importo complessivo della truffa ai danni dell'INPS è stato quantificato in circa € 4.700.000,00, ed è stato determinato dalla illegittima ...
www.gazzettadelsud.it/ricerca.jsp?q=truffa%20inps
Cinque persone sono state arrestate ed altre sei sono state sottoposte all'obbligo di firma in una operazione della Guardia di finanza di Sibari per una truffa ...
www.ilquotidianoweb.it/news/cosenza/.../Maxi-truffa-all-Inps-e-all.html
3 giorni fa - Questo il bilancio dell'operazione "Easy allowance" messa a segno dalla Guardia di finanza di Sibari per una truffa all'Inps e all'Inail scaturita ...
tv.ilfattoquotidiano.it › ilFattoTV › Giustizia & impunità
17 lug 2015 - Palermo, maxi truffa all'Inps. Falsi invalidi: “Non voglio lavorare, lo Stato mi deve campare”. Bastava rivolgersi a loro per ottenere, dietro ...
www.tgcom24.mediaset.it/.../crotone-truffa-all-inps-denunciati-22-falsi-b...
20 lug 2015 - Crotone, truffa all'Inps: denunciati 22 falsi braccianti e un imprenditore - Operazione della guardia di finanza: i coinvolti hanno ottenuto ...




                            TANGENTI  A.N.A.S.
www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/anas.../1635231.shtml
22 ott 2015 - Anas, tangenti per appalti a Roma: arrestati dirigenti e l'ex ... Truffa al'Anas, l'uffcio della "dama nera" la base logistica della. ... Blitz all'Anas.
www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/.../Tangenti-all-Anas--la-.html
3 giorni fa - Maxi truffa all'Inps e all'Inail nel Cosentino Cinque arresti, c'è un ex dipendente dell'ente ... Tangenti all'Anas, la "Dama nera" rifiuta
www.ilquotidianoweb.it/news/.../Lamezia-Terme--truffa-all-Unione.html
08 lug 2015 - Tangenti all'Anas, libero l'avvocato catanzarese ... Lamezia Terme, truffa all'Unione Europea Tra gli indagati anche un funzionario della ...
www.repubblica.it/online/cronaca/anas/anasdue/anasdue.html
12 feb 2003 - Appalti truccati all'Anas arrestate trentuno persone. Le accuse: turbativa d'asta aggravata, corruzione e truffa. Simulavano frane sulle strade ...
www.cn24tv.it/.../terremoto-all-anas-in-manette-dirigenti-funzionari-e-u...
22 ott 2015 - Un'altra truffa all'Inps: denunciata una coop e 99 braccianti “fantasma” ... Terremoto all'Anas: in manette dirigenti, funzionari e un ex ...

         SCANDALO  SUI    BENI  CONFISCATI  ALLA  MAFIA
www.si24.it/2015/10/08/inchiesta-sui-beni...alla-mafia-di.../132976/
08 ott 2015 - Sei in: Cronaca > Inchiesta sui beni confiscati alla mafia | Di Vitale: “Il Csm intervenga senza indugi” ... trasferimento d'ufficio 5 giudici palermo csm ... Csm in seguito allo scandalo sulla gestione dei beni confiscati alla mafia.
www.affaritaliani.it/.../scandalo-beni-confiscati-pino-maniaci-382485.ht...
10 set 2015 - Beni confiscati alla mafia, Pino Maniaci: "Si vada fino in fondo" - A ... A Palermo indagata Silvana Saguto, presidente della sezione che ... Ad eseguirli e' stata la Guardia di Finanza, su ordine della Procura di Caltanissetta.

                           MAFIA  CAPITALE   - TRUFFE  COOPERATIVE  -

www.ilfattoquotidiano.it › Giustizia & Impunità
09 giu 2015 - Gli stipendi del Pd di Roma pagati coi soldi di Mafia Capitale. E i rapporti tutti da chiarire tra Mafia Capitale e il Pd alla Regione Lazio, il cui ...
www.repubblica.it/.../gli_affari_della_coop_di_mafia_capitale_appalti_sui_...
26 set 2015 - Gli affari della coop di Mafia capitale: appalti sui migranti anche dopo l' ... a un anno e sei mesi in primo grado per lo scandalo mense a Bari.
www.repubblica.it/.../roma_ex_coop_dell_inchiesta_mafia_capitale_vince_...
03 ott 2015 - Roma, coop dell'inchiesta Mafia capitale vince l'appalto per i servizi dell ... Quando scoppiò lo scandalo di Mafia capitale, il Cns espulse Buzzi ...

                            SCANDALO  SU  OSPEDALE  ISRAELITICO  DI  ROMA
www.unionesarda.it › Cronaca
21 ott 2015 - 21/10/2015 - L'Unione Sarda.it: Cronaca - Scandalo all'Ospedale Israelitico di ... Ciclismo, Di Rocco a Cagliari: "La Sardegna è in crescita" ..... di un'indagine che ipotizza i reati di falso e truffa in danno della sanità pubblica.

                            TRUFFA  ALL’OSPEDALE  SAN  RAFFAELE  DI  MILANO
milano.repubblica.it/.../milano_truffa_da_28_milioni_all_ospedale_san_raf...
L'ospedale: "Interventi a regola d'arte". di EMILIO RANDACIO. 16 giugno 2015. Milano, truffa da 28 milioni: nove indagati tra primari e dirigenti del San Raffaele ...

               SCANDALI  IN  SARDEGNA
lanuovasardegna.gelocal.it/.../scandalo-igea-indagati-politici-e-sindacalist...
21 dic 2014 - Scandalo Igea, indagati politici e sindacalisti ... turbata libertà degli incanti, truffa e voto di scambio, reati collegati alla società in house della ...
lanuovasardegna.gelocal.it/.../scandalo-igea-inchiesta-bis-altri-venti-inda...
12 feb 2015 - Il nuovo filone è stato aperto dagli agenti del Corpo forestale che indagavano ... e a indagare 66 persone per peculato, truffa e turbativa d'asta.
www.itenovas.com/...sardegna/1344-banda-larga-internet-truffa-sardegn...
25 mar 2015 - Nuovo scandalo in Sardegna, stavolta per una truffa legata agli appalti sulla banda larga per internet con quattro persone indagate nell'isola e ...
www.itenovas.com/...sardegna/1387-appalti-pubblici-pilotati-arresti-sard...
28 apr 2015 - IteNovas | In Sardegna stamattina 24 arresti per appalti pubblici pilotati, coinvolti ... Giornalismo: Odg sardo contro i corsi truffa ... Scoppia lo scandalo nei comuni Sardi, finora coinvolti 13 centri nel nuorese e nel cagliaritano, ...
www.lastampa.it › Cronache
28 apr 2015 - Nell'indagine sono coinvolti anche due vice e altre 17 persone tra ... Sardegna, sgominata la cupola degli appalti: in manette sindaci e tecnici comunali ... Tangenti e voto di scambio, scandalo all'Anas: arrestati dirigenti e l'ex ...

      TRUFFE   SU  GRANDI  OPERE   :   Mose  ,  Expo  ,  Tav .
www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=58834...Mose...truffe...
04 giu 2014 - Mose, Expo, Tav: grandi opere, truffe giganti. Preoccupa il sistem




Corruzione, Mose Expo e Mafia Capitale: il 2014 anno dei grandi scandali

Giustizia & Impunità
Il "classico" di grandi opere e imprenditori a Venezia, il ritorno di Tangentopoli a Milano e la "quinta mafia" a Roma. Mentre l'Italia diventa primatista in tutta Europa, sorpassando anche Grecia e Bulgaria nella classifica di Transparency
di F. Q. | 30 dicembre 2014
La mazzette non finiscono mai. E i “tangentari” di destra e di sinistra ritornano e, in alcuni casi, diventano “mafiosi”. Il 2014 è stato un anno contraddistinto da tre grandi scandali: Mose (Venezia), Expo (Milano) e Mafia Capitale (Roma). Ed è stato anche l’anno in cui l’Italia ha raggiunto il triste primato per il reato di corruzione in Europa, sorpassando anche Grecia e Bulgaria, secondo la speciale classifica di Transparency. L’inchiesta veneziana è un classico delle bustarelle made in Italy: grande opera e imprenditori che foraggiano la politica per ottenere appalti. Quella milanese ha riportato in carcere, anche se per poco tempo, alcuni personaggi storici della Tangentopoli anni ’90 come il compagno G., Primo Greganti, o l’ex Dc, Gianstefano Frigerio. L’indagine romana invece ha rivelato l’esistenza a Roma di quella che potrebbe essere considerata la quinta mafia d’Italia.
Italia prima nella classifica della corruzione di Transparency davanti a Grecia e Bulgaria
A giugno è deflagrato il caso Mose: 35 arresti, tra cui il sindaco Pd Giorgio Orsoni, e la richiesta del carcere per l’ex ministro Fi Giancarlo Galan. A sei mesi dalle misure cautelari e gli avvisi di garanzia i pm di Venezia stanno per chiudere l’indagine e nel registro degli indagati sono finiti anche i deputati democratici Mognato e Zoggia. All’ex primo cittadino, che è stato sentito nei giorni scorsi in Procura, il gup ha respinto il patteggiamento mentre per l’ex governatore del Veneto il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Quello che sarà sull’indagine sugli appalti del sistema di dighe anti-acqua alta e sul finanziamento illecito ai partiti si vedrà nei prossimi mesi.
Invece la prima parte dello scandalo Expo, esplosa a maggio, si è già chiusa con patteggiamenti e poco carcere per i principali imputati. Il gup Milano ha accolto, tra le altre, le richieste dell’ex segretario della Dc milanese all’epoca di Tangentopoli Gianstefano Frigerio, dell’ex cassiere di Pci e Pds Primo Greganti e dell’ex senatore Fi Luigi Grillo. Pena massima, 3 anni e 4 mesi. E così sei dei sette imputati, già liberi o ai domiciliari, potranno accedere in tempi brevi alle misure alternative. E la grande politica è rimasta fuori dal registro degli indagati. Almeno per ora. Altre inchieste sono aperte. Da registrare, in una fase così delicata, l’esautorazione del coordinamento del dipartimento per i reati contro la pubblica amministrazione dell’aggiunto Alfredo Robledo da parte del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati
In fase di chiusura l’indagine Mose, patteggiamenti e poco carcere per corrotti e corruttori dell’inchiesta Expo
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C’è poi Mafia Capitale, l’inchiesta sul “mondo di mezzo”, che ha svelato l’esistenza di un’organizzazione, considerata mafiosa dagli inquirenti di Roma, capace di intimidire, corrompere politici di ogni schieramento e metter le mani sugli appalti del Campidoglio e della Regione Lazio. Un’indagine, quella coordinata dal ex procuratore capo di Palermo e Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, che ha portato a tre tranche di arresti e all’iscrizione nel registro degli indagati per 416bis anche l’ex sindaco della Capitale, Gianni Alemanno. Un gruppo, quello guidato da Massimo Carminati ex banda della Magliana ex terrorista Nar ora al 41bis per ordine del ministro della Giustizia, capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati e dei campi nomadi, di manipolare le nomine e indirizzare le scelte politiche dell’amministrazione, finanziare cene e campagne elettorali, affiliare imprenditori e usare la forza. Tanto da far scrivere al New York Times che non “c’è angolo di Itali immune dalla criminalità”.
A chiudere l’anno l’inchiesta su Mafia Capitale, capace di corrompere politici di destra e di sinistra, inquinare appalti e affiliare imprenditori
Il clamore per le inchieste ha spinto il governo di Matteo Renzi ad aprire prima una discussione in estate e poi ad approvare qualche giorno fa nuove norme contro la corruzione. Ma i provvedimenti sono stati criticati con forza dall’Associazione nazionale magistrati e anche dal procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti. Era stata chiesta, anche da Pignatone e dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, l’estensione degli strumenti che si utilizzano per combattere la mafia ai reati dei colletti bianchi come i “premi” per i pentiti. Richiesta allo stato rimasta inascoltata. E così Mose, Expo, Mafia Capitale, probabilmente, non resteranno un unicum nel paese che non si lascerà mai alle spalle Mani pulite. Sia per gli appalti e le gare per l’Esposizione universale (ci anche altre indagini ancora parte), sia per l’inchiesta dei pm Roma gli accertamenti non sono ancora terminati e la sensazione che il 2015 potrebbe essere un anno ancora da record in negativo per il nostro paese.


La Repubblica della corruzione, 20 anni di scandali dopo Mani Pulite
di Redazione IBTimes Italia 05.06.2014 16:32 CEST

Abolizione del finanziamento pubblico, bloccato in Senato Reuters
Ogni anno questo paese 'ricorda' l'arresto di Mario Chiesa, che nel febbraio 1992 diede il via alla valanga Tangentopoli che pensionerà la Prima Repubblica. Da allora sotto i ponti sono passate decine di leggi salva-questo e salva-quello, ma soprattutto una quantità infinita di scandali. Dimostrazione che se la storia è maestra, in Italia non si impara mai niente.
IL MEDIATORE. Il fondatore del principale partito politico della Seconda Repubblica, Marcello Dell'Utri, è considerato da una sentenza passata in giudicato il mediatore del patto di protezione stretto negli anni Settanta tra i vertici di Cosa nostra e quello che diventerà 'l'anima' di questo ventenni, Silvio Berlusconi. Il quattro volte presidente del consiglio, evasore fiscale, imputato per corruzione con l'accusa di aver comprato senatori a suon di milioni di euro, condannato in primo grado per concussione e prostituzione minorile. 
FURBETTI E 'GNORRI'. I vertici dei DS D'Alema e Fassino finiscono intercettati mentre parlano con uno dei 'furbetti del quartierino', quel Giovanni Consorte protagonista della scalata BNL sostenuta senza se e senza ma dal centrosinistra. "Abbiamo una banca" diventerà uno slogan-boomerang, che riemergerà prepotente nel caso Monte dei Paschi di Siena scoppiato un anno fa. E che dire del 'sistema Sesto' messo su da Filippo Penati, uno che faceva il capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, salvato dalla prescrizione e dalla Ex-Cirielli, legge ad personas e ammazza-processi che il centrosinistra si è sempre guardato bene dal cancellare? Lo stesso centrosinistra che oggi scarica il sindaco di Venezia arrestato per lo scandalo MOSE, ma non si accorge che 24 ore prima il sempreverde Fassino, nel frattempo diventato sindaco di Torino, metteva la mano sul fuoco sulla sua onestà. Come non si è accorto di aver dato la tessera a Primo Greganti, tre volte pregiudicato durante Mani Pulite, ma di nuovo in prima fila sull'affare Expo.
CARICHE DELLO STATO. In vent'anni abbiamo avuto ministri come Claudio Scajola, oggi in galera per aver favorito la latitanza di un ex deputato colluso con la 'ndrangheta. Sottosegretario all'Economia è stato Nicola Cosentino, al suo secondo soggiorno in cella, stavolta per estorsione, dopo l'accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Abbiamo avuto l'onore di annoverare tra i ministri Cesare Previti, due volte condannato per corruzione in atti giudiziari. O Umberto Bossi, leader di una Lega entrata in Parlamento al grido di Roma ladrona e che ne stava quasi uscendo un anno fa dopo lo scandalo Belsito. Nicola Mancino, oggi imputato per falsa testimonianza nel processo sulla trattativa stato-mafia, noto per aver estromesso dai propri ricordi l'incontro con un tal Paolo Borsellino, è stato presidente del Senato. Come Renato Schifani, da tempo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi fa la stampella di Renzi assieme al NCD di cui è presidente. 
LE REGIONI. Giancarlo Galan ha governato il Veneto per quindici anni e su di lui pende una richiesta di arresto per lo scandalo MOSE. Roberto Formigoni ha guidato la Lombardia per 17 anni e oggi è imputato per corruzione nell'inchiesta sulla sanità lombarda. Giuseppe Scopelliti, già sindaco del primo Comune capoluogo che sarà sciolto per mafia due anni dopo il suo addio, condannato in primo grado a sei anni per averne falsificato i bilanci, è stato subito ricandidato alle Europee. Raffaele Fitto, recordman di preferenze lo scorso 25 maggio, quattro anni in primo grado per corruzione, avendo ricevuto un finanziamento illecito da mezzo milione di euro in cambio di appalti quando era governatore della Puglia. Ottaviano Del Turco, 9 anni in primo grado per corruzione, concussione e associazione a delinquere nell'ambito dell'inchiesta sulla sanità privata in Abruzzo. In Sicilia i predecessori di Crocetta sono rispettivamente in galera per favoreggiamento a Cosa nostra (Cuffaro)  e condannato in primo grado per concorso esterno (Lombardo). Senza dimenticare le mutande verdi di Cota pagate dai contribuenti, come milioni e milioni di euro dello scandalo spese pazze che travolge i consigli regionali dello Stivale. O il caso Durnwalder (Trentino), lo scandalo che ha travolto la Polverini (Lazio), il coinvolgimento di Cappellacci (Sardegna) nell'inchiesta P3. E ci scusiamo per tutti quelli che non abbiamo citato.
GRANDI OPERE. Expo e MOSE sono gli ultimi tasselli di un puzzle della paura. Sistemi, potentati, associazioni a delinquere quasi sempre bipartisan, chiamati a ingollare pezzi sempre più grandi di torte milionarie. Ed ecco le risate preventive al telefono, mentre l'Aquila non ha ancora smesso di tremare, di chi si immagina gli affari sulla ricostruzione. Oppure Guido Bertolaso, in quei giorni descritto come se fosse il Messia,  e il 'sistema gelatinoso' sugli appalti del G8 alla Maddalena. I grandi affari sulla sanità, settore in cui spendiamo meno degli altri paesi europei ma una fetta finisce nelle tasche di privati corruttori o pubblici corrotti. O il TAV di Firenze per cui è finita agli arresti l'ex governatrice dell'Umbria Lorenzetti. O il business dell'eolico, che ha visto tornare in scena vecchi personaggi della Prima Repubblica come Flavio Carboni. Fortuna che hanno stoppato il Ponte sullo Stretto. 
AZIENDE DI STATO. A partire dallo scandalo che travolse Lorenzo Necci, allora numero uno delle Ferrovie dello Stato, per arrivare a Mauro Moretti, oggi imputato di disastro colposo, uno "spiacevole episodio" (parole sue) che a Viareggio si portò via 33 persone. Oggi Moretti guida Finmeccanica, uno spaccato della Seconda Repubblica per le mille inchieste che la vedono protagonista (commesse indiane, brasiliane, sistema di tracciabilità dei rifiuti, etc) e che ha 'perso per scandalo' due degli ultime tre AD: prima Guarguaglini, poi Orsi. ENI è stata guidata per quasi un decennio da un reo confesso di Mani Pulite, quel Paolo Scaroni (oggi indagato per corruzione in merito ad una commessa Saipem, controllata Eni, in Algeria) sostituito da Emma Marcegaglia, la cui azienda di famiglia aveva utilizzato tra il '94 e il 2004, negli acquisti di materie prime, "società off-shore, creando fondi neri su 17 conti esteri, intestati a Steno Marcegaglia e ai figli Antonio ed Emma. La parte che riguarda l'evasione fiscale viene archiviata perché quei capitali sono stati condonati e scudati" (Report).
Vent'anni fa Tangentopoli ci presentò il conto: una manovra lacrime e sangue del governo Amato, con tanto di prelievo forzoso sui conti correnti. Oggi stiamo a 'pettinare le bambole', come direbbe qualcuno, su una riforma della Costituzione che non era nell'agenda di nessun partito fino a 15 mesi fa e ora viene spacciata per una questione di vita o di morte. Sul fronte corruzione (per non parlare di evasione fiscale e mafia, tre tumori che si alimentano a vicenda) solo chiacchiere. In attesa che arrivi il conto. Quello definitivo.




Messina  15 gennaio 2015
Scandalo formazione, richiesta di arresto
per il deputato Pd Francantonio Genovese
Ordine di custodia cautelare in carcere per l'onorevole democratico di Messina accusato di aver sottratto sei milioni alla formazione professionale. Come avevamo scritto sull'Espresso, Genovese coltiva in Sicilia i suoi interessi economici: decine di società, con bilanci milionari
di Lirio Abbate



In questa legislatura la prima richiesta di arresto arriva per un deputato del Pd. Lui è l'onorevole Francantonio Genovese, di Messina, per il quale la procura ha chiesto ed ottenuto dal gip l'arresto che adesso è stata trasmessa alla Camera per l'autorizzazione a procedere.

Il provvedimento del Giudice ipotizza il reato di associazione per delinquere, riciclaggio, peculato e truffa, e se la Camera accoglie la richiesta ne dispone gli arresti in carcere. L'atto è stato già notificato da Guardia di finanza e da agenti della squadra mobile della Questura di Messina alla presidenza della Camera.

L'inchiesta punta sulle erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di progetti formativi tenuti da numerosi centri di formazione professionale che erano di fatto riconducibili a Genovese e alla sua famiglia. Oltre ai già noti Lumen, Aram, Ancol sono finiti sotto inchiesta anche gli enti Enfap, Enaip, Ial, Training service L&C Learning e consulting, Cesam, Ecap, Esofop, Apindustria e Reti.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto, Sebastiano Ardita, e dai sostituti, Camillo Falvo, Liliana Todaro, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, avrebbero permesso di accertare che i soggetti indagati, attraverso gli Enti di formazione e società appositamente create, grazie a prezzi gonfiati per l'acquisto di beni e servizi o, addirittura, a prestazioni totalmente simulate, sottraevano a loro vantaggio i fondi assegnati per lo svolgimento dei corsi di formazione. La gran parte degli indagati sono risultati tra loro legati da vincoli di parentela e di assoluta fiducia.

Nelle scorse settimane l'Espresso aveva pubblicato una propria inchiesta giornalistica su Genovese da cui era emerso che tutti i mesi si mette in tasca lo stipendio da deputato. E, mentre a Roma siede in Parlamento, in Sicilia coltiva interessi economici. Una rete di decine di società, con bilanci milionari, che operano in tutti i campi: immobiliare, trasporti, servizi, telecomunicazioni e formazione professionale in Sicilia. È un politico potente Francantonio Genovese, esponente del Pd, ex sindaco di Messina, con un passato nella Democrazia cristiana e poi nella Margherita di Francesco Rutelli. È stato segretario regionale del Pd, appoggiato allora dall’ex ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale.





SCANDALO  TANGENTI  ALLA   R.T.I. 
 Palermo , 29 ottobre 2015    
Il libro mastro delle tangenti dell’operazione Black list, che ha fatto scattare gli arresti domiciliari  il dirigente di Rete Ferroviaria italiana e presidente dell'Azienda siciliana trasporti  Dario Lo Bosco.
Secondo l'accusa, ha ricevuto tangenti "per evitare intoppi" in lavori da 26 milioni.
  Ordinanza di custodia cautelare  ha portato ai domiciliari anche Salvatore Marranca e Giuseppe Quattrocchi, funzionari del corpo forestale accusati di avere intascato tangenti per un maxi appalto sulla nuova linea di radiocomunicazioni della forestale.
L’ imprenditore  di  Agrigento  Massimo Campione  consegnava la tangente  a Dario Lo Bosco  per il tramite del Quattrocchi e Marranca, con i quali il Lo Bosco intratteneva rapporti. Al numero uno di Rfi, Campione avrebbe elargito mazzette per 58.650 euro, nell’ambito del progetto relativo al cosiddetto gancio ferroviario, un’apparecchiatura tecnologica a distanza.





Mafia, camorra, ‘ndrangheta: la mappa dei clan regione per regione (FOTO)


Pubblicato il 18 agosto 2014 08:51 | Ultimo aggiornamento: 18 agosto 2014 08:51 di Redazione Blitz
 ROMA – Mafia, ‘ndrangheta, camorra: la nuova mappa dei clan. L’ultima relazione semestrale della Dia, organo investigativo del Ministero dell’Interno, indica i loro nomi e le loro zone di influenza.
La Dia fa sapere che nel secondo semestre 2013 alcune collaborazioni tra famiglie, anche di diversi mandamenti, hanno smussato qualche contrasto e vecchio rancore. Mentre la necessità di proiettarsi fuori regione ha indotto l’intera organizzazione a concorrere con altri gruppi criminali di ‘ndrangheta, camorra o Sacra Corona Unita per trovare appoggi.
Il traffico di droga si conferma business in crescita, anche in considerazione dei maggiori rischi legati all’attività estorsiva, sempre molto praticata in provincia ma non più agevole, considerata la maggiore propensione degli imprenditori a denunciare le vessazioni subite.
Di seguito la mappa dei principali gruppi criminali che operano in Campania, Calabria e Sicilia.





11 nov 2015
                  ARRESTI  A  “ MESSINAMBIENTE “

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LA CONFERENZA STAMPA DI QUESTA MATTINA IN PROCURA – FOTO EDG
Stamane la Sezione di Polizia Giudiziaria-Aliquota Polizia di Stato della Procura di Messina, unitamente a personale del locale Nucleo Investigativo del Comando Provinciale CC di Messina, ha dato esecuzione ad una misura cautelare con cui il Gip presso il Tribunale di Messina Giovanni De Marco, su richiesta del Procuratore Agg. Sebastiano Ardita e del Sost. Proc D.ssa Stefania La Rosa, ha disposto gli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico nei confronti di 5 persone, tra Dirigenti di Messinambiente ed Imprenditori.
Il provvedimento scaturisce da una complessa e articolata indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Messina, avviata nel 2013 dalla quale è emersa la sistematica violazione della normativa prevista dal codice degli appalti per quel che concerne l’acquisizione di servizi e forniture da parte di enti e società pubbliche.
I Nomi degli arrestati: Armando Di Maria, liquidatore della società Messinambiente, gli imprenditori Marcello De Vincenzo, titolare della società MEDITERRANEA A. S.r.l. e Francesco Gentiluomo, titolare della società GENTILUOMO S.r.l., il broker assicurativo e titolare della società BCM INSURANCE BROKER S.r.l. con sede in Barcellona, Antonino Buttino e il funzionario amministrativo-contabile della società Messinambiente Nino Inferrera.
Ad entrare nel dettaglio il Procuratore Capo Dr Guido Lo Forte, che all’inizio della conferenza stampa ha dichiarato che a dare l’input alle indagini sono state le denunce del Sindaco Renato Accorinti.
ANTONINO INFERRERA – FOTO E. DI GIACOMO
Avrebbero intascato tangenti per oltre centomila euro i funzionari di Messina Ambiente, la società’ che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti nella città’ dello Stretto. Agli arresti domiciliari, in una indagine condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale e dalla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura, sono finite cinque persone tra dirigenti della società’ e imprenditori. Il provvedimento, emesso dal gip su richiesta del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, riguarda l’amministratore unico di Messina Ambiente, Armando Di Maria e il funzionario contabile della società’ Antonino Inferrera, la vera mente della combine che avrebbe favorito imprenditori amici nell’affidamento di servizi.
L’affare più cospicuo quello dell’associazione dei mezzi di MessinaAmbiente affidata senza alcuna gara a evidenza pubblica.
Dal 2011 al 2014 il broker assicurativo Antonino Buttino, anche lui ai domiciliari, avrebbe ricevuto da Messina Ambiente più di 350 mila euro per individuare l’associazione più idonea per gli autocompattatori, versando una tangente di oltre 50.000 euro. Ai domiciliari anche i titolari di altre due aziende, Francesco Gentiluomo e Marcello De Vincenzo, che avrebbero ugualmente pagato mazzette per ottenere, senza gara, i servizi di riparazione dei mezzi di Messina Ambiente.
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Sanità lombarda, tangenti e spettro della 'ndrangheta
Dalle carte rispunta Pezzano, ex Asl, coinvolto nell'inchiesta antimafia Infinito. Poi archiviato. Era il collaboratore di Canegrati, la lady degli appalti dentistici.
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17 Febbraio 2016
Pietro Gino Pezzano, detto dottor Dobermann, ex direttore dell'Asl di Milano 1.Pietro Gino Pezzano, detto dottor Dobermann, ex direttore dell'Asl di Milano 1.
Da una parte il Dobermann, dall'altra Mandrake, in mezzo il ricco business dell'odontoiatria pubblica in Regione Lombardia, tra appalti pilotati, tangenti e un servizio pubblico scadente, a detta degli stessi indagati nelle intercettazioni.
Sembra un fumetto della Marvel, è in realtà l'inchiesta Smile della procura di Monza che ha portato in carcere oltre al
padre della riforma sanitaria lombarda Fabio Rizzi, uomo di fiducia del governatore Roberto Maroni, anche Maria Paola Canegrati detta Paoletta, titolare di una miriade di aziende con appalti negli ospedali da Milano a Brescia fino a Desio e Bergamo.
DOBERMANN E MANDRAKE. Il dottor Dobermann è Pietro Gino Pezzano da Palizzi.
Paoletta è invece Mandrake, come si definisce in un'intercettazione contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare.
I due, a quanto pare, facevano coppia anche in privato.
Lui non è indagato, ma compare spesso nelle carte degli investigatori.
Lei invece è in carcere con l'accusa di associazione a delinquere, turbativa d'asta e riciclaggio.
AFFARI DA 400 MILIONI DI EURO. In questi anni insieme hanno portato avanti un giro d'affari da 400 milioni di euro, prima sotto la Giunta di Roberto Formigoni, dopo sotto quella di Roberto Maroni, questa volta usando un cavallo nuovo come quello di Rizzi o come Mario Longo, responsabile odontoiatria del Carroccio.
Scrive il gip di Monza: «Insieme a lui la Canegrati gestiva tutte le attività connesse con la gestione dei centri odontoiatrici e tutti i rapporti con le pubbliche amministrazioni conferenti gli appalti».
L'inchiesta antimafia Infinito del 2010 e il modello Formigoni
Il governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni e il suo predecessore Roberto Formigoni.(© Imagoeconomica) Il governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni e il suo predecessore Roberto Formigoni.
Lo chiamavano appunto «dottor Dobermann» Pezzano.
E lui nel mondo della sanità lombarda non ha mai smesso di ringhiare evidentemente, anche dopo le dimissioni dalla direzione dell’Asl più importante della regione, quella di Milano 1.
Nato in provincia di Reggio Calabria, ha fatto carriera in quel ''modello Lombardia'' tanto caro a Formigoni.
L'OMBRA DELLE 'NDRINE. Prima le esperienze da medico a Desio, poi la guida dell’Asl di Monza da commissario, fino alla contestatissima nomina e successiva riconferma all’Asl 1 di Milano nel 2011, nel mezzo di una stagione che ha sancito il definitivo interesse della ‘ndrangheta per la sanità lombarda.
Nel luglio 2010 l’operazione antimafia Infinito scivolata sull’asse Milano-Reggio Calabria aveva colpito un altro re di denari del sistema sanità, Carlo Antonio Chiriaco, calabrese anche lui, allora direttore sanitario dell’Asl di Pavia.
LA DDA INDAGÒ PEZZANO PER DUE ANNI. Nella stessa inchiesta il tributarista Pino Neri, accusato e poi condannato a 18 anni per associazione mafiosa, intercettato parlava più di una volta di Pezzano.
«È uno potente, fa favori a tutti».
Che Neri millanti o meno non è dato sapere: la Direzione distrettuale antimafia (Dda) ha indagato Pezzano per due anni e a dicembre del 2011, a pochi mesi dalla riconferma dell’incarico all’Asl milanese, la sua posizione è stata archiviata.
Fatto sta che, cristallizzato nella sentenza d’Appello del tribunale di Milano, si legge a chiare lettere che Pezzano risulta essere uno dei soggetti con cui «intrattenevano rapporti» gli uomini della locale di ‘ndrangheta di Desio.
Quegli incontri con uomini delle cosche contestati a Pezzano
Il palazzo della Regione Lombardia.(© Ansa) Il palazzo della Regione Lombardia.
In mezzo, tra le indagini e l’archiviazione, ci sono le foto con i boss di Desio e un incontro con Paolo Martino, ritenuto da anni il referente delle cosche reggine al Nord.
«LA MOGLIE STAVA MALE». Sul boss rispondeva che «la moglie stava male, mi hanno chiesto una mano», mentre sul secondo, «il nome non mi dice niente, non mi ricordo di questo appuntamento. Se è stato rilevato dai carabinieri, ci sarà stato».
Fatto sta che nel corso dei processi la pm di Milano Alessandra Dolci non è mai stata tenera con la figura di Pezzano, in particolare per l’episodio della moglie che stava male.
APPUNTAMENTO AL BAR. L’incontro che avenne tra lo stesso Pezzano e il boss Candeloro Polimeni non fu a casa dove stava male la moglie, ma in un bar della città.
«Suppongo», disse il pm, «che quando si chiama un medico perché qualcuno sta male il medico vada a casa, non vada a parlare al bar».
I giudici di primo grado rincararono la dose nella sentenza: «L’incontro non è certamente determinato da problemi di salute della moglie di Polimeni».
LA DIFESA E LE DIMISSIONI. Per contro l’ex direttore si è sempre difeso: «Sono un cittadino che mi dicono di essere stato indagato. Non ne ho mai saputo niente. Prendo atto di quello che è stato riferito sul mio conto. Ma se ci fosse stato qualche comportamento non legale avrei dovuto rispondere delle mie azioni».
Dopo una mozione di sfiducia del Consiglio Regionale nei suoi confronti decise di lasciare l’incarico.
«Mi dimetto», dichiarò, «per salvaguardare la mia professione, chi lavora con me e la mia famiglia. Preferisco togliere dall’imbarazzo il Pirellone, anche se contro di me si è mossa la macchina del fango».
Dottor Dobermann era il tramite della Zarina Canegrati
L'imprenditrice Maria Paola Canegrati, al centro del sistema di tangenti insieme a Fabio Rizzi.L'imprenditrice Maria Paola Canegrati, al centro del sistema di tangenti insieme a Fabio Rizzi.
Ma Pezzano a quanto pare continuava a operare indisturbato sulla sanità lombarda.
Era il tramite, secondo le accuse, proprio della Canegrati che poi si confrontava con Rizzi e Longo per gli appalti pubblici della regione.
La Zarina, vertice del sistema di corruzione tra una miriade di società private e alcune scatole cinesi, è chiamata a rispondere delle accuse ai magistrati giovedì 18 febbraio 2016 a San Vittore.
RAPPORTI CONFIDENZIALI. Le indagini, si legge negli atti, «hanno permesso di accertare come sussistano rapporti altamente confidenziali tra Longo e Canegrati, risalenti quantomeno al 2012, anno di costituzione della Sytcenter s.r.l. (...) della quale risulta amministratore (oltre a essere socio occulto) unitamente a Canegrati».
IL MATERIALE SCADENTE. L'uomo dello staff di Rizzi, il responsabile odontoiatria per conto di Euopolis, partecipata della Regione, secondo i magistrati di Monza risulta «essere in grado di pilotare gli appalti in favore di Canegrati da cui, in cambio, riceve lauti compensi sotto svariate forme».
Paoletta Mandrake non accettava critiche. «Non si lamenta nessuno dei miei... anche perché se no li prendo a sberle», disse parlando con Giuseppe ('Nuccio') Nachiero, consigliere di amministrazione di una delle sue società che gli faceva presente le lamentele di alcuni dipendenti rispetto all'uso di materiali «diversi e più scadenti» da lei proposti rispetto a quelli utilizzati solitamente al Policlinico di Milano dove il sistema Canegrati aveva esteso i tentacoli.
ORDINI IN CAMBIO DI ASSUNZIONI. Giorgio Alessandri, medico della clinica odontoiatrica dell'ospedale di via Francesco Sforza e anche lui tra gli arrestati del 16 febbraio, avrebbe favorito una delle società dell'imprenditrice per forniture di materiale per ortodonzia e di protesi, pur scadente, «effettuando consistenti ordini».
In cambio avrebbe ottenuto denaro e l'assunzione della propria compagna in una delle strutture della Canegrati.
La piovra era ovunque.



CASERTA      13 settembre 2016
    Venti arresti “eccellenti” a Caserta. Con l’accusa di corruzione e di appalti truccati nella gestione dei rifiuti, la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto sette arresti domiciliari e tredici in carcere. Fra gli arrestati c’è il presidente della provincia di Caserta Angelo Di Costanzo, di Forza Italia.
Di Costanzo è anche sindaco di Alvignano, Comune dove sono stati arrestati anche un assessore e il comandante della polizia municipale. Custodia cautelare anche per Vincenzo Cappello, sindaco di Piedimonte Matese, del Pd, per Pietro Cappella, presidente del consorzio di bonifica Sannio-Alifana, e per l’ex sindaco di Casagiove.
Gli arresti colpiscono in particolare la zona del Matese e, oltre ai politici, si concentrano su imprenditori e funzionari.
Ad eseguire le misure sono la Guardia di finanza di Caserta, coordinata dal generale Giuseppe Verrocchi e i carabinieri diretti dal colonnello Giancarlo Scafuri. L’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore capo Maria Antonietta Troncone, durava da oltre un anno e aveva nel mirino presunte dazioni di danaro “e una serie di altre utilità” in cambio di assegnazioni di lavori nel settore dello smaltimento dei rifiuti. In particolare, la Procura sottolinea in una nota di aver portato alla luce “un vero e proprio sistema criminale finalizzato all’assegnazione illecita di appalti milionari in diversi Comuni del casertano“.
Sempre secondo l’accusa, gli arrestati avrebbero ottenuto l’assunzione di amici e parenti, oltre a buoni benzina, auto di lusso e altri regali: ad elargire favori e assunzioni sarebbe stato il Gruppo Termotetti, una ditta della zona che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, che in cambio avrebbe così ottenuto l’assegnazione degli appalti.








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A un mese esatto dal roboante annuncio del rilancio del progetto del Ponte sullo Stretto, la maxi-retata di mercoledì 26 ottobre ha tolto dalla circolazione alcuni di quelli che erano gli uomini chiave del progetto e che erano proprio di fianco al premier Matteo Renzi a Milano nel giorno dell’annuncio. Si tratta del presidente e del vice-presidente del Consorzio Cociv, Michele Longo ed Ettore Pagani. Due uomini espressione del gruppo Salini-Impregilo. Il primo, Longo, ne è una delle figure apicali essendo general manager domestic operation e avendo quindi la responsabilità non solo delle opere del cosiddetto Terzo Valico, ma anche di tutte le altre operazioni italiane che coinvolgono il gruppo. Di più, è l’uomo del Ponte, colui con il quale lo Stato deve parlare se l’argomento è la maxi opera tra Sicilia e Calabria. E Pagani è il suo braccio destro, nonché “responsabile del progetto Ponte sullo Stretto” per conto di Impregilo, come recita il suo curriculum.
Le misure di custodia cautelare sono scattate nell’ambito di un’operazione sulle Grandi Opere, dove – secondo i magistrati – non c’è solo la solita gigantesca corruttela, ma anche e soprattutto la sistematica violazione delle normative di sicurezza, con lavori non fatti a regola e uso di materiali scadenti (“il cemento sembrava colla”, intercettano gli inquirenti). Opere costosissime, spesso inutili e soprattutto pericolose. Opere su cui il governo Renzi si è esposto molto. L’annuncio del rilancio del progetto del Ponte il premier lo ha fatto il 27 settembre intervenendo alla festa per i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo che si è svolta alla Triennale di Milano. Accanto a lui, l’amministratore delegato del gruppo, Pietro Salini (più volte citato nelle intercettazioni dell’inchiesta), l’ambasciatore degli Stati Uniti e molti top manager, tra cui, come detto, gli stessi Longo e Pagani. “Non accetteremo che si possano spendere 6-7 miliardi per la Torino Lione, 1,2 per la Variante di Valico e poi se facciamo un’infrastruttura al Sud non si può perché rubano. O siamo italiani sempre o siamo italiani mai”, ha detto Renzi giusto qualche giorno fa. Ora che gli uomini del Ponte sono finiti nei guai lui minimizza: “Mi auguro un processo equo e rapido. Il punto centrale è che non sono le regole che fanno l’uomo ladro. E in ogni caso stiamo parlando di arresti legati a vicende del passato”.
Se le storie sono antiche, gli uomini però sono sempre gli stessi. Ma chi sono veramente Longo e Pagani e chi è il “terzo uomo”, Pier Paolo Marcheselli, di cui si parla tanto in queste ore? Riguardo a Longo e Pagani le carte dei pm riportano soprattutto due contestazioni: “Longo e Pagani decidevano di affidare l’appalto a “Grandi Lavori Fincosit spa” nonostante tale società avesse previsto nell’ambito delle spese generali un costo per la sicurezza aziendale interna senz’altro incongruo (93mila euro, un ottavo dei concorrenti, ndr)”. C’è poi la gara per realizzare la viabilità per smaltire il materiale di scavo: “Longo, Pagani e Giulio Frulloni (quest’ultimo remunerato dall’imprenditore Marciano Ricci mediante l’offerta di serate con “escort”) prima dell’indizione della gara promettevano allo stesso Ricci l’affidamento dell’appalto… e fornivano loro informazioni sul progetto che sarebbe andato in gara”.
Ci sono molti fili che legano le grandi opere italiane. Parti dal Terzo Valico e arrivi molto lontano. Al Ponte, ma non solo. La grande opera tra Milano e Genova ha già collezionato molti record. Giudiziari, prima che ingegneristici. Per non parlare dei costi: “Eravamo partiti da 3.200 miliardi di lire per 127 chilometri e siamo arrivati a 6,2 miliardi di euro per 54 chilometri”, racconta Stefano Lenzi, responsabile delle Relazioni Istituzionali del Wwf. Le rogne cominciano negli anni ‘90 quando il pm genovese Francesco Pinto indaga sui tunnel pilota. Si parlava di una truffa da 100 miliardi di lire. Gli indagati – Luigi Grillo, Ercole Incalza, Marcellino Gavio e Bruno Binasco – ne uscirono puliti: furono tra i primi a beneficiare della ex Cirielli sulla prescrizione. La storia del Terzo Valico era cominciata nel 1991. Poi le inchieste, il silenzio. Se ne riparla con il ritorno di Silvio Berlusconi nel 2001. E già allora si ritrovano nomi di oggi. Nel marzo 2005 Andrea Monorchio aveva terminato il mandato di Ragioniere Generale dello Stato e trovato altre prestigiose poltrone. Tra le altre quelle di presidente di Infrastrutture Spa e della Consap (Concessionaria dei Servizi Assicurativi Pubblici). Disse allora Monorchio Senior: “La delibera Cipe ha individuato la cifra necessaria per realizzare il Terzo Valico, 4,7 miliardi di euro, noi siamo pronti a finanziare l’opera”.
A questo punto ecco che entra in scena Giandomenico Monorchio, citato nell’inchiesta fiorentina del 2015 su Ercole Incalza (archiviato). Di Monorchio jr. (arrestato ieri nella nuova inchiesta) parla nelle intercettazioni l’imprenditore Giulio Burchi: sostiene che si “…stanno negoziando le ultime direzioni lavori… il Cociv… il Milano-Genova ce l’aveva il figlio di… nella spartizione fantastica di queste direzioni lavori commissionate dai general contractor… che sono una delle vergogne grandi di questo Paese”. Spiegano i magistrati: “Si ricorda che, di recente, il Consorzio Cociv ha affidato a Giandomenico Monorchio la direzione dei lavori per il Terzo Valico”. Ma dalle carte dell’inchiesta romana di oggi, sul Terzo Valico, potrebbero emergere altri dettagli sul ruolo di Monorchio jr. Il retroscena del Terzo Valico non viene solo dalle inchieste. Dietro il Terzo Valico c’è anche l’abbraccio tra banche e governi. Perché era Intesa (attraverso Biis, Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo) che si occupava del project financing privato. Ai vertici di Biis c’era chi parlava di un finanziamento che doveva costare 374 milioni l’anno. Mentre le Ferrovie prevedevano un ricavo da 40 milioni. Ma ecco che con Monti i banchieri vanno al Governo: Corrado Passera, ex numero uno di Intesa, finisce allo Sviluppo Economico e alle Infrastrutture. Viceministro è Mario Ciaccia, il numero uno di Biis che finanziava l’opera. Il progetto riparte. E in un attimo la spesa si riversa sulle spalle pubbliche. E ci sarebbero anche da contare le previsioni del traffico merci: si era detto di 5 milioni di container l’anno. Siamo a 1,8 e la linea attuale ne regge 3. C’è poi chi, come il Wwf, ricorda che i costi (115 milioni a chilometro) sono superiori dell’800% a quelli affrontati in Spagna.  Chi sottolinea che dopo 53 chilometri la nuova linea finirebbe nel nulla.
Ma c’è chi continua a crederci. Di sicuro la ‘ndrangheta, come ha rivelato l’inchiesta Alchemia: “Dalle intercettazioni – raccontò il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho – rileviamo l’interesse di imprenditori prestanome delle cosche a sostenere finanziariamente il movimento Sì Tav per creare nell’opinione pubblica un orientamento favorevole all’opera”.
C’è poi ò’ultimo tassello: la nomina del presidente del Porto di Genova. Perché il Terzo Valico servirebbe proprio allo scalo ligure. Ormai è questione di ore: il nuovo presidente sarà Paolo Emilio Signorini, già delfino di Ercole Incalza. Il suo nome è stato proposto da Giovanni Toti. L’opposizione, soprattutto di centrosinistra, tace. Si cerca un accordo sulla figura del Segretario dell’Autorità Portuale. Altra poltrona cardine per il Porto (e il destino del Terzo Valico). Si profila un’intesa con il Pd.

                                        INCHIESTA  SU  CONSIP
(  di Marco Lillo e Valeria Pacelli | 1 marzo 2017 )
Corruzione nell’ambito dell’inchiesta su Consip, la società del ministero del Tesoro che si occupa di controllare e gestire gli appalti per il pubblico. E’ questa l’accusa con cui la Procura di Roma ha arrestato l’imprenditore di origini campane Alfredo Romeo, che proprio oggi compie 64 anni. L’indagine che ha portato al provvedimento di custodia cautelare in carcere ai danni di Romeo è la stessa, partita da Napoli e arrivata a Roma, in cui sono stati iscritti nel registro degli indagati, seppur con ipotesi di reato diverse, il ministro dello Sport Luca Lotti, Tiziano Renzi (il padre dell’ex premier), il generale Tullio Del Sette (comandante dei carabinieri) e il generale Emanuele Saltalamacchia (comandante dei carabinieri della Toscana).
Alfredo Romeo è stato arrestato dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell’Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli. L’episodio contestato all’imprenditore campano è quella della presunta corruzione (per funzione) di Marco Gasparri, direttore Sourcing Servizi e Utility di Consip, in pratica il settore che si occupa delle gare per l’acquisto dei servizi per tutte le amministrazioni. Secondo gli inquirenti, il manager pubblico riceveva da Alfredo Romeo (a Napoli indagato anche per associazione per delinquere) consistenti somme di denaro in cambio di informazioniprivilegiate in grado di favorire le società di Romeo nell’assegnazione di alcuni bandi di gara. In mattinata, è stato anche disposto il sequestro patrimoniale di 100mila euro: secondo gli investigatori si tratta del provento della corruzione di Gasparri, dal 2013 a oggi. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Alessandro Diddi, non è stato arrestato perché ha collaborato con gli inquirenti e ha fornito molti particolari utili al prosieguo delle indagini. Eseguite anche alcune perquisizioni nelle abitazioni di altri indagati nell’ambito della stessa inchiesta. In tal senso, gli investigatori hanno fatto visita all’ex parlamentare di An e del Pdl Italo Bocchino, consulente di Romeo, e all’imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo. Quest’ultimo, molto vicino sia a Romeo che a Tiziano Renzi (indagato con Russo per concorso in traffico di influenze), come dimostrato da Il Fatto Quotidianonel 2015 è stato raccomandato dal ministro Lotti a Michele Emiliano. A rendere nota la vicenda è stato lo stesso governatore pugliese, che per questo motivo nella giornata di oggi era atteso in procura per riferire i particolari della questione in qualità di persona informata sui fatti. L’appuntamento, però, non ci sarà: gli ultimi sviluppi di cronaca hanno fatto slittare l’interrogatorio.
L’inchiesta, come detto, è nata da un’indagine avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli per presunte irregolarità nelle assegnazioni di alcuni appalti. Un’indagine condotta dai pm della Dda, John Woodcock e Celeste Carrano: il fatto che il procedimento sia condotto dai magistrati dell’Antimafia è motivato dal presunto collegamento ai clan di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, che ottenne l’appalto per svolgere tale servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli. Dagli accertamenti svolti dai magistrati emerse un presunto sistema di tangenti in riferimento sia all’appalto nell’ospedale Cardarelli che per altri lavori pubblici a Napoli. Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati in una discarica dei pizzini sui quali secondo l’accusa Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione. Ciò ha comportato una trasmissione, per competenza territoriale, di buona parte degli atti, alla Procura di Roma che sta operando in stretto contatto con i colleghi della Procura partenopea.
L’inchiesta Consip è stata svelata dal Fatto Quotidiano il 22 dicembre dell’anno scorso. Nel mirino dei pm c’è l’appalto più grande d’Europa: Fm4, cioé facility management, la gara indetta nel 2014 da Consip per l’affidamento dei servizi gestionali degli uffici, delle università e dei centri di ricerca della Pubblica amministrazione. La convenzione vale 2 miliardi e 700 milioni di euro per una durata complessiva di 36 mesi e corrisponde all’11,5 per cento della spesa annua della Pubblica amministrazione. L’appalto è diviso in lotti e Alfredo Romeo era in pole per un bando da quasi 700 milioni di euro.
Nell’ambito dell’inchiesta, il ministro Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione ed è finito a Roma per competenza territoriale. Il braccio destro di Renzi, già sottosegretario alla Presidenza del consiglio, è stato iscritto nel registro degli indagati a seguito delle dichiarazioni del suo amico Luigi Marroni, che nel suo interrogatorio come persona informata dei fatti ha tirato in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, indagato per le stesse ipotesi di reato. Nella fattispecie, Marroni ha detto di avere saputo dell’indagine e della presenza di microspie negli uffici Consip dal presidente di Consip Luigi Ferrara, che a sua volta era stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Poi ha aggiunto altri nomi. I più importanti sono quelli di Lotti e del generale Emanuele Saltalamacchia, suoi amici. Entrambi lo avrebbero messo in guardia dall’indagine. Dopo la soffiata Marroni fece eseguire la bonifica. Che effettivamente andò a segno.
VideoNapoli -Assenteisti in ospedale: 94 indagati, 55 arresti
All’Ospedale   Loreto Mare di Napoli . Domiciliari, tra gli altri, per un neurologo, un ginecologo, 9 tecnici di radiologia e 18 infermieri.
24 febbraio 2017
L'ospedale Loreto Mare In tre mesi i furbetti dell'ospedale Loreto Mare hanno arrecato un danno all'erario calcolato in 38 mila euro. "Ma è una cifra calcolata per difetto", avverte il procuratore aggiunto di Napoli Alfonso D'Avino ricostruendo i dettagli dell'indagine. In cinque anni, la proiezione del danno per la timbratura illecita dei badge si attesta sugli 800 mila euro.

L'inchiesta del Pm Ida Frongillo ha portato agli arresti domiciliari 55 persone, 50 delle quali hanno ottenuto il permesso dal giudice di andare al lavoro. Il gip Pietro Carola ha motivato la scelta sottolineando che "in un un simile disastro sociale" solo in questo modo si possono garantire i diritti di tutti.

I cinque che non hanno avuto l'autorizzazione ad andare al lavoro sono coloro i quali avrebbero timbrato al posto di altri. Veri "professionisti del cartellino". Tra  fine novembre 2014 e l'inizio del 2015 due di questi avrebbero timbrato rispettivamente 433 e 493 volte al posto dei titolari del badge.


Le indagini, commenta Fragliasso hanno fatto emergere una "situazione, purtroppo, estremamente diffusa e generalizzata di assenteismo dal lavoro all'interno dell'ospedale". Non c'erano solo i furbetti del cartellino. "Sono stati accertati altri episodi legati all'attività di alcuni medici che in violazione del diritto di esclusiva prestavano servizio anche per centri privati. Sono risultate coinvolte un po' tutte le categorie professionali",

Sul ruolo della direzione sanitaria e della direzione amministrativa, il procuratore Aggiunto D 'Aviano dice: "Certo c'è da riflette su come fossero effettuati i controlli e di come non ci si accorgesse della mancanza nei reparti, ma non sono state accertate responsabilità penali, potrebbero esserci responsabilità amministrative che verranno accertate da chi di dovere".

Un'indagine durata due anni. Ore e ore di filmati e intercettazioni e oltre 500 servizi di osservazione e pedinamento , 55 persone, tra le quali un neurologo, un ginecologo, nove tecnici di radiologia, 18 infermieri professionali, sei impiegati amministrativi, nove tecnici manutentori e 11 operatori sociosanitari, sono stati raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip di Napoli su richiesta della procura della Repubblica.
iSecondo quanto si è appreso, sarebbe spuntato un altro filone, legato alla fabbricazione di schede "taroccate" di una pay tv.
Oltre agli arresti domiciliari notificati ai 55 dipendenti dell'ospedale, i carabinieri hanno anche eseguito un sequestro preventivo di trecentomila euro nei confronti di alcuni indagati: si tratta del denaro che i dipendenti hanno percepito come indennità per esclusività della prestazione lavorativa in ospedale risultata non spettante. Dall'attività investigativa è infatti emerso che alcuni medici prestavano servizio illegittimamente anche in più strutture sanitarie private, oltre che per il Loreto Mare.





(  note di F. Q. | 7 marzo 2017 )
Corruzione sulle forniture di macchinari per i malati terminali di oncologia all’Istituto tumori Pascale di Napoli. È una delle accuse con cui all’alba di martedì sono state arrestate sei persone. In un primo momento erano stati comunicati sette arresti, ma una delle persone è risultata irreperibile. Secondo le indagini, il primario Francesco Izzo aveva costituito insieme alla moglie due società attraverso le quali faceva da intermediario per il rifornimento di apparecchiature medicali che il Pascale acquistava per le cure antitumorali. Il primario faceva risultare gli apparati come gli unici idonei per quel tipo di cure e creava le condizioni affinché fossero acquistati urgentemente dalle società a lui riconducibili. In questa modo evitava il bando di gara e procedeva con una trattativa privata. Le società, inoltre, gonfiavano il loro fatturato aumentando sensibilmente il prezzo di acquisto dei dispositivi.
Tutto questo, secondo gli investigatori, avveniva con la compiacenza del dirigente amministrativo, anch’egli arrestato:  si chiama Elia Abbondante (nella foto) ed è anche il direttore generale dell’Asl Napoli 1 Centro. Ai domiciliari sono finiti anche alcuni imprenditori del settore farmaceutico e un informatore scientifico. Le 7 misure di custodia cautelare agli arresti domiciliari sono state eseguite dai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Napoli e del nucleo speciale di polizia valutaria, che hanno anche provveduto ad altrettanti sequestri patrimoniale nei confronti delle persone accusate. Complessivamente i finanzieri hanno sequestrato beni per quasi due milioni di euro.
Alla moglie del primario, Giulia Di Capua, 45 anni, sono riconducibili due delle società – Gi.Med e GdC Medicali – coinvolte nell’inchiesta. Anche lei, come Izzo e Abbondante, che era responsabile unico del procedimento del Pascale all’epoca dei fatti, è finita agli arresti domiciliari. Raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare anche Sergio Mariani, 46 anni, amministratore delle società Gimed e Gdc Medicali, Marco Argenziano, 59 anni, informatore scientifico dell’industria farmaceutica Bayer, e Marco Mauti, 52 anni, rappresentante legale di una delle società fornitrici coinvolte nelle indagini delle fiamme gialle.

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Appalti truccati e progetti inesistenti  nel  Consorzio per le Autostrade Siciliane 

All’alba di questa mattina è scattata l’operazione “Tekno”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e condotta dalla Dia di Catania. Quello del Consorzio per le Autostrade Siciliane era un sistema “a pioggia”, collaudato e creato ad arte per rubare i soldi che dovevano servire a migliorare le principali arterie della Sicilia. Un fiume di denaro per svariati milioni di euro che, invece, finivano nelle tasche di chi gestisce il Cas
di Lucio Musolino | 12 aprile 2017

Più informazioni su: Appalti Pubblici, Messina, Sicilia
Appalti truccati e progetti inesistenti. Opere ordinarie fatte passare per straordinarie in modo tale da far lievitare sulla carta il costo dei lavori e, di conseguenza, la percentuale che doveva finire al responsabile unico del procedimento sotto forma di produttività. Quello del Consorzio per le Autostrade Siciliane era un sistema “a pioggia”, collaudato e creato ad arte per rubare i soldi che dovevano servire a migliorare le principali arterie della Sicilia. Un fiume di denaro per svariati milioni di euro che, invece, finivano nelle tasche di chi gestisce il Cas.
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All’alba di questa mattina è scattata l’operazione “Tekno”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e condotta dalla Dia di Catania. Su richiesta del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, il gip ha emesso dodici provvedimenti per dirigenti e dipendenti del Cas, accusati di turbativa d’asta, truffa e falso. Per sei di loro sono scattate le manette, mentre per gli altri il gip ha disposto l’interdizione dai pubblici uffici e il sequestro dei conti correnti dove la Direzione investigativa antimafia ha già bloccato circa un milione di euro.
Complessivamente sono oltre 50 gli indagati nell’inchiesta condotta dal capocentro della Dia di Catania Renato Panvino. L’operazione (nell’ambito della quale il procuratore Ardita si è avvalso della collaborazione del sostituto Stefania La Rosa) è una delle più importanti inchieste sugli appalti pubblici in Sicilia. Gli arresti e i sequestri di oggi, infatti, sono il risultato di una laboriosa e complessa attività investigativa iniziata nel 2014 quando sempre la Procura di Messina e la Dia di Catania hanno arrestato i vertici della Consorzio e alcuni imprenditori accusati di turbativa d’asta per l’assegnazione dei lavori del servizio di sorveglianza dell’A18 e dell’20.
Con l’operazione “Tekno”, che rappresenta la seconda parte di quell’inchiesta, gli uomini di Panvino stanno provocando un terremoto all’interno del Consorzio per le Autostrade Siciliane già bacchettato, solo a parole, dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che poche settimane fa, in occasione di una sua visita istituzionale, ha scoperto “le frane, le buche e le deviazioni” della Messina-Catania e che i siciliani conoscono invece da anni. “Quello che ho visto non va assolutamente bene. – ha affermato Delrio – Il Cas riceve i soldi dei cittadini”.
Già nel 2014 la politica locale aveva accolto con favore gli arresti della Direzione investigativa antimafia. Il governatore Rosario Crocetta, infatti, aveva ringraziato ufficialmente “la Dia e la magistratura per la brillante operazione” e aveva fatto un appello: “Non sia la conclusione di una indagine – aveva dettato all’Ansa – ma l’avvio di una ricerca dettagliata su malaffare, corruzione, sui rapporti con la mafia e sul sistema di potere messinese e regionale. Si osservino ad esempio alcune consulenze milionarie le parcelle pagate a professionisti e ci si chieda anche quali intrecci abbiano tali affari con la politica. Noi siamo qui: il governo della Regione e il nuovo Consiglio di amministrazione del Cas sono a disposizione dei magistrati per contribuire all’accertamento della verità”.
A tre anni da quelle parole, è il resoconto della seconda commissione dell’Assemblea regionale siciliana a smentire su questo fronte l’impegno della politica locale. È sufficiente, infatti, leggere i numeri forniti dall’assessore Giovanni Pistorio nella riunione del 4 aprile scorso dedicata alla possibile fusione tra l’Anas e il Cas che, ogni anno, incassa circa 90 milioni di euro. Denaro che, al netto del canone da pagare all’Anas, dei contenziosi con le ditte, e dei costi per il personale e l’energia elettrica, dovrebbe servire per la manutenzione delle strade. Per questa, invece, restano solo 19 milioni di euro parte dei quali utilizzati per la costruzione della Siracusa-Gela e della Catania-Caltanissetta.